Con l’aumento del prezzo dell’energia, causato dall’incremento dei costi delle materie prime e dall’innalzamento delle emissioni di CO2 per produrla, è diventata sempre più forte l’esigenza di ridurre la dipendenza da sorgenti energetiche estere a favore di fonti di energia pulita e rinnovabile.
Ma che sia per risparmiare sulla bolletta o far risparmiare all’ambiente tonnellate di CO2, oggi un impianto fotovoltaico rappresenta, ancora di più, un investimento necessario per soddisfare il proprio fabbisogno energetico e ridurre la dipendenza dai gestori tradizionali, soprattutto per chi ha fatto una scelta sostenibile come costruire una casa in bioedilizia.
La miglior strategia è dimensionare l’impianto in base ai consumi reali dell’abitazione, prevedendo già in fase di progettazione la possibilità di un aumento futuro della potenza. In questo modo si possono ottimizzare l’investimento e la produzione energetica, ma anche fare in modo che l’energia prodotta venga per la maggior parte consumata direttamente. Si parla così di autoconsumo diretto, ovvero l’energia prodotta dai pannelli fotovoltaici durante il giorno viene consumata al momento della produzione, ma quella non utilizzata è ceduta alla rete elettrica, il cosiddetto scambio sul posto.
Tutto invece cambia con un sistema di accumulo dell’energia autoprodotta nelle ore di luce, che la immagazzina per renderla disponibile di notte e nelle giornate di brutto tempo, senza reimmetterla nella rete nazionale. Un efficace strumento per ottimizzare la produzione e i consumi elettrici, ma anche per massimizzare il rendimento dell’impianto fotovoltaico e il valore economico dell’edificio.
Le batterie rappresentano infatti un’ottima soluzione al problema dello spreco di energia che, nella maggior parte dei casi non viene consumata immediatamente durante il giorno quando è prodotta, perché la richiesta si concentra soprattutto nelle ore serali. Questo implica che l’energia non utilizzata venga immessa nella rete elettrica senza aver prima soddisfatto il fabbisogno giornaliero, obbligando ad acquistarne altra dal gestore nazionale. Una spesa poco conveniente dato che, in media, il gestore energetico nazionale vende energia a circa 28cent/kWh, mentre la acquista a soli 15,1cent/kWh. Con un sistema di stoccaggio, invece, l’energia può essere accumulata in apposite batterie e resa disponibile la sera o nelle giornate di pioggia. I sistemi di accumulo possono garantire così un grado di indipendenza dal gestore di energia elettrica fino al 90%.
Esistono diversi sistemi di accumulo: scegliere quale installare dipende sempre dalle singole esigenze. Ci sono gli impianti fotovoltaici grid-connected, che permettono di rivendere il surplus di energia prodotta e sono sempre connessi alla rete nazionale. Sono composti da moduli fotovoltaici, inverter per la connessione in rete, dispositivo di interfaccia e contatore di produzione. Il compito dell’inverter è quello di distribuire l’energia all’accumulatore o alla rete esterna. In presenza di un’eccedenza, l’inverter carica le batterie con l’energia non utilizzata per renderla disponibile nelle ore di minor irraggiamento, in questo modo è possibile sfruttare il 100% dell’energia prodotta dai pannelli solari.
Per chi invece preferisce un sistema non connesso alla rete nazionale, esiste l’impianto di accumulo a isola, totalmente autonomo e in grado di produrre energia per alimentare le utenze a cui è direttamente collegato, e di immagazzinare il surplus. L’impianto a isola è la soluzione ideale se manca la connessione alla rete o in caso di interruzione della corrente elettrica per diverso tempo.
Sebbene oggi il sistema di incentivazione statale non sia più attivo, installare un impianto fotovoltaico con accumulo nelle case in bioedilizia rimane una scelta ancora conveniente, grazie alla possibilità di usufruire della detrazione del 50% fino al 31 dicembre 2024, ma soprattutto grazie ai pannelli di ultima generazione che offrono rendimenti sempre migliori e garantiscono un’alta percentuale di autosufficienza energetica.